Contro l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato
di Selvaggia Lucarelli pubblicato su “Domani” del 19 maggio 2022
Poi però succede che qualche giorno fa decida di concedere un’intervista a un liceo, il Torricelli di Somma Vesuviana. Che quel video, un po’ nascosto, venga caricato su youtube, passando pressoché inosservato. Ed è un peccato, perché ci sono inciampata per caso e racconta il suo punto di vista, come sempre lucido e per nulla scontato. Eccolo:
«La Russia e l’Ucraina sono paesi in cui il passato, al contrario che nell’Occidente, conta molto sia nell’atteggiamento collettivo che nelle scelte politiche. Il discorso con cui Putin ha annunciato l’entrata in guerra è impressionante, dopo pochi secondi lui stava già parlando dell’Unione Sovietica e di come non ripeteranno più gli errori del passato.
Ha giustificato la sua azione facendo riferimento ai nazisti, alla memoria. Che ovviamente è una memoria selettiva. Ma anche l’Ucraina guarda molto al passato ed entrambi i paesi scelgono la memoria che fa più comodo.
Nella memoria dei russi la più grande tragedia del ‘900 è l’invasione nazista e il fatto che in quel frangente i nazisti abbiamo trovato collaboratori e simpatizzanti tra gli ucraini. L’oppressione che l’Ucraina ha subito da Mosca è ignorata.
Dall’altra parte, in Ucraina c’è la consapevolezza dei periodi di oppressione subiti dalla Russia e per loro la tragedia del Novecento è la grande carestia, quando milioni di persone morirono affamate da Stalin.
Nella memoria pubblica degli ucraini però viene rimosso il fatto che i loro grandi leader indipendentisti sterminavano gli ebrei con grande piacere e del resto nelle piazze ci sono monumenti dedicati a quei leader ucraini sterminatori di ebrei».
«Per questo nel cercare di interpretare quello che accade oggi bisogna fare attenzione alla complessità, parola che non è di moda nel dibattito pubblico.
La selettività della memoria vuol dire che la cultura collettiva dell’Ucraina è basata su un passato di oppressione da parte dai russi e su una faticosa conquista della libertà.
Tutto questo è vero, ma è solo un pezzo della verità. In certi momenti della lotta per l’indipendenza gli ucraini hanno sterminato gli ebrei, sono stati anti-russi e antisemiti.
Ci sono stati reparti delle SS che parlavano ucraino e hanno collaborato con i nazisti fino all’ultimo. Ciò non fa parte della loro narrazione, del resto chi se ne vanterebbe oggi. Questo fa sì però che se qualcuno in Ucraina è ancora attaccato a quel passato nazista, nella narrazione ufficiale si dice “è un fenomeno irrilevante, marginale”. Noi però nel nostro paese non accetteremmo mai l’esistenza di gruppi neo nazisti riconosciuti dall’autorità e integrati nell’esercito.
All’opposto, nella narrazione russa il filone minoritario neo-nazista con reparti ucraini che si ispirano alla tradizione nazista e eroi nazionali che hanno collaborato con i nazisti è un tema centrale. Insomma.
Gli ucraini dicono che tutto questo non è importante, i russi invece dicono è l’unica cosa importante».
«Chi fa lo storico, ma anche chi vuole comprendere la realtà a mente aperta deve essere consapevole che siamo di fronte a una realtà e a due modi di raccontarla in modo propagandistico: il modo ucraino di dire “il passato nazista è irrilevante” e il modo russo di dire “il passato nazista è la caratteristica di fondo dell’Ucraina”. Entrambe le narrazioni sono false perché c’è un passato filo-nazista presente, con cui l’Ucraina dovrebbe fare i conti, ma anche la pura propaganda russa per cui l’Ucraina è tutta nazis«Ci sono stati reparti delle SS che parlavano ucraino e hanno collaborato con i nazisti fino all’ultimo. Ciò non fa parte della loro narrazione, del resto chi se ne vanterebbe oggi». «Questo fa sì però che se qualcuno in Ucraina è ancora attaccato a quel passato nazista, nella narrazione ufficiale si dice “è un fenomeno irrilevante, marginale”. Noi però nel nostro paese non accetteremmo mai l’esistenza di gruppi neo nazisti riconosciuti dall’autorità e integrati nell’esercito». La storia è fatta di aggressioni e lo storico sa che farsi prendere dalle emozioni, avere come reazione principale la condivisione della sofferenza di chi è aggredito non può essere la reazione dominante. Dall’inizio della guerra in Ucraina lo storico Alessandro Barbero ha sempre rifiutato richieste di interviste e interventi televisivi. Lo hanno cerato tutti, ha sempre risposto che preferisce evitare di infilarsi nell’aspro dibattito sul tema. Poi però succede che qualche giorno fa decida di concedere un’intervista a un liceo, il Torricelli di Somma Vesuviana. Che quel video, un po’ nascosto, venga caricato su youtube, passando pressoché inosservato. Ed è un peccato, perché ci sono inciampata per caso e racconta il suo punto di vista, come sempre lucido e per nulla scontato. Eccolo: «La Russia e l’Ucraina sono paesi in cui il passato, al contrario che nell’Occidente, conta molto sia nell’atteggiamento collettivo che nelle scelte politiche. Il discorso con cui Putin ha annunciato l’entrata in guerra è impressionante, dopo pochi secondi lui stava già parlando dell’Unione Sovietica e di come non ripeteranno più gli errori del passato. Ha giustificato la sua azione facendo riferimento ai nazisti, alla memoria. Che ovviamente è una memoria selettiva. Ma anche l’Ucraina guarda molto al passato ed entrambi i paesi scelgono la memoria che fa più comodo. Nella memoria dei russi la più grande tragedia del ‘900 è l’invasione nazista e il fatto che in quel frangente i nazisti abbiamo trovato collaboratori e simpatizzanti tra gli ucraini. L’oppressione che l’Ucraina ha subito da Mosca è ignorata. Dall’altra parte, in Ucraina c’è la consapevolezza dei periodi di oppressione subiti dalla Russia e per loro la tragedia del Novecento è la grande carestia, quando milioni di persone morirono affamate da Stalin. Nella memoria pubblica degli ucraini però viene rimosso il fatto che i loro grandi leader indipendentisti sterminavano gli ebrei con grande piacere e del resto nelle piazze ci sono monumenti dedicati a quei leader ucraini sterminatori di ebrei». «Per questo nel cercare di interpretare quello che accade oggi bisogna fare attenzione alla complessità, parola che non è di moda nel dibattito pubblico. La selettività della memoria vuol dire che la cultura collettiva dell’Ucraina è basata su un passato di oppressione da parte dai russi e su una faticosa conquista della libertà. Tutto questo è vero, ma è solo un pezzo della verità. In certi momenti della lotta per l’indipendenza gli ucraini hanno sterminato gli ebrei, sono stati anti-russi e antisemiti. Ci sono stati reparti delle SS che parlavano ucraino e hanno collaborato con i nazisti fino all’ultimo. Ciò non fa parte della loro narrazione, del resto chi se ne vanterebbe oggi. Questo fa sì però che se qualcuno in Ucraina è ancora attaccato a quel passato nazista, nella narrazione ufficiale si dice “è un fenomeno irrilevante, marginale”. Noi però nel nostro paese non accetteremmo mai l’esistenza di gruppi neo nazisti riconosciuti dall’autorità e integrati nell’esercito. All’opposto, nella narrazione russa il filone minoritario neo-nazista con reparti ucraini che si ispirano alla tradizione nazista e eroi nazionali che hanno collaborato con i nazisti è un tema centrale. Insomma. Gli ucraini dicono che tutto questo non è importante, i russi invece dicono è l’unica cosa importante». «Chi fa lo storico, ma anche chi vuole comprendere la realtà a mente aperta deve essere consapevole che siamo di fronte a una realtà e a due modi di raccontarla in modo propagandistico: il modo ucraino di dire “il passato nazista è irrilevante” e il modo russo di dire “il passato nazista è la caratteristica di fondo dell’Ucraina”. Entrambe le narrazioni sono false perché c’è un passato filo-nazista presente, con cui l’Ucraina dovrebbe fare i conti, ma anche la pura propaganda russa per cui l’Ucraina è tutta nazista». La domanda dello studente Uno studente del liceo replica che tutto questo sarà vero ma «esistono un aggressore e un aggredito». Il professore Alessandro Barbero replica: «Questa osservazione tradisce l’odierno clima collettivo: noi oggi siamo trascinati da questa necessità di decidere chi ha ragione e torto e per deciderlo ci sembra che ci sia un unico elemento, ovvero quello di ricordare che un paese ha invaso l’altro. E quindi anche nel valutare le menzogne dell’uno e dell’altro dovremmo avere due pesi e due misure. In questi ultimi tempi mi sono reso conto che il mio mestiere di storico rischia di anestetizzarmi rispetto a certe emozioni. Lo storico, di fronte agli avvenimenti del presente, è come il medico abituato a vedere gente che muore e non si emoziona più come gli altri davanti alla malattia e alla morte. Intellettualmente è giusto, ma succede che non si sia più in sintonia con i contemporanei. Quando sento che è una guerra nel cuore dell’Europa penso che anche l’atroce guerra nella ex Jugoslavia era nel cuore dell’Europa. La storia è fatta di aggressioni e lo storico sa che farsi prendere dalle emozioni, avere come reazione principale la condivisione della sofferenza di chi è aggredito non può essere la reazione dominante. Il mio mestiere è un altro, è capire. Questo non vuol dire che non ci siano casi in cui io faccio il tifo. Nella Sconda guerra mondiale i vincitori erano dalla parte giusta, ma non faccio fatica a dire che hanno commesso orrori. Che i sovietici hanno sterminato gli ufficiali polacchi nelle fosse di Katyn, che Churchill ha fatto morire milioni di indiani ai tempi della carestia del Bengala, non faccio fatica a dire che i bombardamenti aerei degli alleati sulle città italiane e tedesche siano stati indiscriminati. Tutto questo non mi impedisce di dire che c’era una parte che aveva ragione. E per fortuna ha vinto quella che aveva ragione. Anche nella guerra tra Russia e Ucraina, se uno è convinto che l’Ucraina abbia ragione va bene, ognuno fa le sue scelte emotive e morali, ma questo non deve diventare tifo da stadio. E’ come se uno, discutendo di Seconda guerra mondiale, siccome gli alleati avevano ragione dicesse “non voglio discutere delle bombe atomiche sul Giappone e se tu discuti la legittimità di sganciare delle bombe atomiche vuol dire che sei con Hitler”. Io non ci sto». «Lo storico deve analizzare anche le motivazione dei malvagi perché i malvagi non sapevano di esserlo, pensavano perfino di fare cose giuste. Se si accentua una dimensione e se ne attenua un’altra, si fa politica». Sulle ragioni per cui Putin ha invaso l’Ucraina il professor Barbero parla di “ventaglio di motivi”: «Immaginiamo un paese A e uno B che confinano, non si vogliono bene e hanno un lungo passato di contrasti. Nel paese A, vicini al confine, ci sono abitanti che parlano le lingue del paese B e si trovano male nel paese A, dicono che sono oppressi, discriminati. Molti di loro vorrebbero essere nel paese B. A un certo punto il paese B invade A con lo scopo dichiarato di liberare i compatrioti dall’oppressione. Sto raccontando il 24 maggio del 1915 quando l’Italia ha dichiarato guerra invadendo l’impero austriaco per liberare Trento e Trieste. Una pagina della nostra Italia che è sempre stata raccontata come gloriosa. Se però stessi raccontando la decisione della Russia di invadere l’Ucraina per liberare i connazionali oppressi del Donbass, in cui i russi che vivono in Ucraina non hanno diritto di usare la loro lingua neppure nelle scuole, cosa diciamo? Uno dei problemi dell’Europa orientale post sovietica è che ci vivono minoranze russe. I russi sono stati la nazione imperiale che ha dominato tanti piccoli paesi. Quando quei paesi sono diventati indipendenti, i russi rimasti lì sono diventati minoranza guardata con antipatia e discriminata. Anche gli italiani sono stati discriminati quando sono diventati minoranze dopo il 1945 nella Jugoslavia, Hitler ha smembrato la Cecoslovacchia per recuperare gli abitanti tedeschi dei Sudeti. É la normale vendetta dei popoli che a lungo sono stati dominati contro il popolo dominatore. Poi c’è la paranoia russa. Nella cultura politica russa l’ossessione di essere aggrediti è costante, risale ai tempi delle invasioni mongole. Certo, la Russia è sempre stata spietata e imperialista ma nel suo dna non ha mai avuto la voglia di espandersi a occidente “fino al Portogallo”, come qualcuno ha detto. L’Occidente, diciamo nel suo candore, aveva promesso a Gorbaciov di non allargarsi ad est e invece ha progressivamente fatto entrare nella Nato tutti i paesi dell’Europa orientale, ci sono le basi della Nato ai confini con la Russia. Ora. Se tu hai a che fare con una grande potenza paranoica, devi sapere che se ti avvicini ai suoi confini potrà avere una reazione». «Riguardo la richiesta di Finlandia e Svezia di entrare nella Nato, va detto che l’Ucraina intratteneva rapporti con la Nato da parecchi anni, gli istruttori Nato istruivano l’esercito ucraino che è a tutti gli effetti un esercito della Nato. Putin ha invaso l’Ucraina per questo e perché c’era probabilità che l’Ucraina entrasse nella Nato. Se fossi un cittadino della Svezia o della Finlandia non direi che per essere più sicuri si dovrebbe entrare nella Nato, a meno che non ci sia la convinzione che la Russia sia pronta a lanciarsi in azioni di conquista. Ma non mi sembra uno scenario plausibile, quindi secondo me non è una scelta sensata».ta».
La domanda dello studente
Uno studente del liceo replica che tutto questo sarà vero ma «esistono un aggressore e un aggredito».
Il professore Alessandro Barbero replica:
«Questa osservazione tradisce l’odierno clima collettivo: noi oggi siamo trascinati da questa necessità di decidere chi ha ragione e torto e per deciderlo ci sembra che ci sia un unico elemento, ovvero quello di ricordare che un paese ha invaso l’altro. E quindi anche nel valutare le menzogne dell’uno e dell’altro dovremmo avere due pesi e due misure.
In questi ultimi tempi mi sono reso conto che il mio mestiere di storico rischia di anestetizzarmi rispetto a certe emozioni.
Lo storico, di fronte agli avvenimenti del presente, è come il medico abituato a vedere gente che muore e non si emoziona più come gli altri davanti alla malattia e alla morte. Intellettualmente è giusto, ma succede che non si sia più in sintonia con i contemporanei.
Quando sento che è una guerra nel cuore dell’Europa penso che anche l’atroce guerra nella ex Jugoslavia era nel cuore dell’Europa.
La storia è fatta di aggressioni e lo storico sa che farsi prendere dalle emozioni, avere come reazione principale la condivisione della sofferenza di chi è aggredito non può essere la reazione dominante. Il mio mestiere è un altro, è capire. Questo non vuol dire che non ci siano casi in cui io faccio il tifo.
Nella Sconda guerra mondiale i vincitori erano dalla parte giusta, ma non faccio fatica a dire che hanno commesso orrori. Che i sovietici hanno sterminato gli ufficiali polacchi nelle fosse di Katyn, che Churchill ha fatto morire milioni di indiani ai tempi della carestia del Bengala, non faccio fatica a dire che i bombardamenti aerei degli alleati sulle città italiane e tedesche siano stati indiscriminati.
Tutto questo non mi impedisce di dire che c’era una parte che aveva ragione. E per fortuna ha vinto quella che aveva ragione. Anche nella guerra tra Russia e Ucraina, se uno è convinto che l’Ucraina abbia ragione va bene, ognuno fa le sue scelte emotive e morali, ma questo non deve diventare tifo da stadio.
E’ come se uno, discutendo di Seconda guerra mondiale, siccome gli alleati avevano ragione dicesse “non voglio discutere delle bombe atomiche sul Giappone e se tu discuti la legittimità di sganciare delle bombe atomiche vuol dire che sei con Hitler”. Io non ci sto».
«Lo storico deve analizzare anche le motivazione dei malvagi perché i malvagi non sapevano di esserlo, pensavano perfino di fare cose giuste. Se si accentua una dimensione e se ne attenua un’altra, si fa politica».
Sulle ragioni per cui Putin ha invaso l’Ucraina il professor Barbero parla di “ventaglio di motivi”:
«Immaginiamo un paese A e uno B che confinano, non si vogliono bene e hanno un lungo passato di contrasti. Nel paese A, vicini al confine, ci sono abitanti che parlano le lingue del paese B e si trovano male nel paese A, dicono che sono oppressi, discriminati. Molti di loro vorrebbero essere nel paese B. A un certo punto il paese B invade A con lo scopo dichiarato di liberare i compatrioti dall’oppressione.
Sto raccontando il 24 maggio del 1915 quando l’Italia ha dichiarato guerra invadendo l’impero austriaco per liberare Trento e Trieste. Una pagina della nostra Italia che è sempre stata raccontata come gloriosa.
Se però stessi raccontando la decisione della Russia di invadere l’Ucraina per liberare i connazionali oppressi del Donbass, in cui i russi che vivono in Ucraina non hanno diritto di usare la loro lingua neppure nelle scuole, cosa diciamo?
Uno dei problemi dell’Europa orientale post sovietica è che ci vivono minoranze russe.
I russi sono stati la nazione imperiale che ha dominato tanti piccoli paesi.
Quando quei paesi sono diventati indipendenti, i russi rimasti lì sono diventati minoranza guardata con antipatia e discriminata. Anche gli italiani sono stati discriminati quando sono diventati minoranze dopo il 1945 nella Jugoslavia, Hitler ha smembrato la Cecoslovacchia per recuperare gli abitanti tedeschi dei Sudeti. É la normale vendetta dei popoli che a lungo sono stati dominati contro il popolo dominatore.
Poi c’è la paranoia russa. Nella cultura politica russa l’ossessione di essere aggrediti è costante, risale ai tempi delle in«Ci sono stati reparti delle SS che parlavano ucraino e hanno collaborato con i nazisti fino all’ultimo. Ciò non fa parte della loro narrazione, del resto chi se ne vanterebbe oggi». «Questo fa sì però che se qualcuno in Ucraina è ancora attaccato a quel passato nazista, nella narrazione ufficiale si dice “è un fenomeno irrilevante, marginale”. Noi però nel nostro paese non accetteremmo mai l’esistenza di gruppi neo nazisti riconosciuti dall’autorità e integrati nell’esercito». La storia è fatta di aggressioni e lo storico sa che farsi prendere dalle emozioni, avere come reazione principale la condivisione della sofferenza di chi è aggredito non può essere la reazione dominante. Dall’inizio della guerra in Ucraina lo storico Alessandro Barbero ha sempre rifiutato richieste di interviste e interventi televisivi. Lo hanno cerato tutti, ha sempre risposto che preferisce evitare di infilarsi nell’aspro dibattito sul tema. Poi però succede che qualche giorno fa decida di concedere un’intervista a un liceo, il Torricelli di Somma Vesuviana. Che quel video, un po’ nascosto, venga caricato su youtube, passando pressoché inosservato. Ed è un peccato, perché ci sono inciampata per caso e racconta il suo punto di vista, come sempre lucido e per nulla scontato. Eccolo: «La Russia e l’Ucraina sono paesi in cui il passato, al contrario che nell’Occidente, conta molto sia nell’atteggiamento collettivo che nelle scelte politiche. Il discorso con cui Putin ha annunciato l’entrata in guerra è impressionante, dopo pochi secondi lui stava già parlando dell’Unione Sovietica e di come non ripeteranno più gli errori del passato. Ha giustificato la sua azione facendo riferimento ai nazisti, alla memoria. Che ovviamente è una memoria selettiva. Ma anche l’Ucraina guarda molto al passato ed entrambi i paesi scelgono la memoria che fa più comodo. Nella memoria dei russi la più grande tragedia del ‘900 è l’invasione nazista e il fatto che in quel frangente i nazisti abbiamo trovato collaboratori e simpatizzanti tra gli ucraini. L’oppressione che l’Ucraina ha subito da Mosca è ignorata. Dall’altra parte, in Ucraina c’è la consapevolezza dei periodi di oppressione subiti dalla Russia e per loro la tragedia del Novecento è la grande carestia, quando milioni di persone morirono affamate da Stalin. Nella memoria pubblica degli ucraini però viene rimosso il fatto che i loro grandi leader indipendentisti sterminavano gli ebrei con grande piacere e del resto nelle piazze ci sono monumenti dedicati a quei leader ucraini sterminatori di ebrei». «Per questo nel cercare di interpretare quello che accade oggi bisogna fare attenzione alla complessità, parola che non è di moda nel dibattito pubblico. La selettività della memoria vuol dire che la cultura collettiva dell’Ucraina è basata su un passato di oppressione da parte dai russi e su una faticosa conquista della libertà. Tutto questo è vero, ma è solo un pezzo della verità. In certi momenti della lotta per l’indipendenza gli ucraini hanno sterminato gli ebrei, sono stati anti-russi e antisemiti. Ci sono stati reparti delle SS che parlavano ucraino e hanno collaborato con i nazisti fino all’ultimo. Ciò non fa parte della loro narrazione, del resto chi se ne vanterebbe oggi. Questo fa sì però che se qualcuno in Ucraina è ancora attaccato a quel passato nazista, nella narrazione ufficiale si dice “è un fenomeno irrilevante, marginale”. Noi però nel nostro paese non accetteremmo mai l’esistenza di gruppi neo nazisti riconosciuti dall’autorità e integrati nell’esercito. All’opposto, nella narrazione russa il filone minoritario neo-nazista con reparti ucraini che si ispirano alla tradizione nazista e eroi nazionali che hanno collaborato con i nazisti è un tema centrale. Insomma. Gli ucraini dicono che tutto questo non è importante, i russi invece dicono è l’unica cosa importante». «Chi fa lo storico, ma anche chi vuole comprendere la realtà a mente aperta deve essere consapevole che siamo di fronte a una realtà e a due modi di raccontarla in modo propagandistico: il modo ucraino di dire “il passato nazista è irrilevante” e il modo russo di dire “il passato nazista è la caratteristica di fondo dell’Ucraina”. Entrambe le narrazioni sono false perché c’è un passato filo-nazista presente, con cui l’Ucraina dovrebbe fare i conti, ma anche la pura propaganda russa per cui l’Ucraina è tutta nazista». La domanda dello studente Uno studente del liceo replica che tutto questo sarà vero ma «esistono un aggressore e un aggredito». Il professore Alessandro Barbero replica: «Questa osservazione tradisce l’odierno clima collettivo: noi oggi siamo trascinati da questa necessità di decidere chi ha ragione e torto e per deciderlo ci sembra che ci sia un unico elemento, ovvero quello di ricordare che un paese ha invaso l’altro. E quindi anche nel valutare le menzogne dell’uno e dell’altro dovremmo avere due pesi e due misure. In questi ultimi tempi mi sono reso conto che il mio mestiere di storico rischia di anestetizzarmi rispetto a certe emozioni. Lo storico, di fronte agli avvenimenti del presente, è come il medico abituato a vedere gente che muore e non si emoziona più come gli altri davanti alla malattia e alla morte. Intellettualmente è giusto, ma succede che non si sia più in sintonia con i contemporanei. Quando sento che è una guerra nel cuore dell’Europa penso che anche l’atroce guerra nella ex Jugoslavia era nel cuore dell’Europa. La storia è fatta di aggressioni e lo storico sa che farsi prendere dalle emozioni, avere come reazione principale la condivisione della sofferenza di chi è aggredito non può essere la reazione dominante. Il mio mestiere è un altro, è capire. Questo non vuol dire che non ci siano casi in cui io faccio il tifo. Nella Sconda guerra mondiale i vincitori erano dalla parte giusta, ma non faccio fatica a dire che hanno commesso orrori. Che i sovietici hanno sterminato gli ufficiali polacchi nelle fosse di Katyn, che Churchill ha fatto morire milioni di indiani ai tempi della carestia del Bengala, non faccio fatica a dire che i bombardamenti aerei degli alleati sulle città italiane e tedesche siano stati indiscriminati. Tutto questo non mi impedisce di dire che c’era una parte che aveva ragione. E per fortuna ha vinto quella che aveva ragione. Anche nella guerra tra Russia e Ucraina, se uno è convinto che l’Ucraina abbia ragione va bene, ognuno fa le sue scelte emotive e morali, ma questo non deve diventare tifo da stadio. E’ come se uno, discutendo di Seconda guerra mondiale, siccome gli alleati avevano ragione dicesse “non voglio discutere delle bombe atomiche sul Giappone e se tu discuti la legittimità di sganciare delle bombe atomiche vuol dire che sei con Hitler”. Io non ci sto». «Lo storico deve analizzare anche le motivazione dei malvagi perché i malvagi non sapevano di esserlo, pensavano perfino di fare cose giuste. Se si accentua una dimensione e se ne attenua un’altra, si fa politica». Sulle ragioni per cui Putin ha invaso l’Ucraina il professor Barbero parla di “ventaglio di motivi”: «Immaginiamo un paese A e uno B che confinano, non si vogliono bene e hanno un lungo passato di contrasti. Nel paese A, vicini al confine, ci sono abitanti che parlano le lingue del paese B e si trovano male nel paese A, dicono che sono oppressi, discriminati. Molti di loro vorrebbero essere nel paese B. A un certo punto il paese B invade A con lo scopo dichiarato di liberare i compatrioti dall’oppressione. Sto raccontando il 24 maggio del 1915 quando l’Italia ha dichiarato guerra invadendo l’impero austriaco per liberare Trento e Trieste. Una pagina della nostra Italia che è sempre stata raccontata come gloriosa. Se però stessi raccontando la decisione della Russia di invadere l’Ucraina per liberare i connazionali oppressi del Donbass, in cui i russi che vivono in Ucraina non hanno diritto di usare la loro lingua neppure nelle scuole, cosa diciamo? Uno dei problemi dell’Europa orientale post sovietica è che ci vivono minoranze russe. I russi sono stati la nazione imperiale che ha dominato tanti piccoli paesi. Quando quei paesi sono diventati indipendenti, i russi rimasti lì sono diventati minoranza guardata con antipatia e discriminata. Anche gli italiani sono stati discriminati quando sono diventati minoranze dopo il 1945 nella Jugoslavia, Hitler ha smembrato la Cecoslovacchia per recuperare gli abitanti tedeschi dei Sudeti. É la normale vendetta dei popoli che a lungo sono stati dominati contro il popolo dominatore. Poi c’è la paranoia russa. Nella cultura politica russa l’ossessione di essere aggrediti è costante, risale ai tempi delle invasioni mongole. Certo, la Russia è sempre stata spietata e imperialista ma nel suo dna non ha mai avuto la voglia di espandersi a occidente “fino al Portogallo”, come qualcuno ha detto. L’Occidente, diciamo nel suo candore, aveva promesso a Gorbaciov di non allargarsi ad est e invece ha progressivamente fatto entrare nella Nato tutti i paesi dell’Europa orientale, ci sono le basi della Nato ai confini con la Russia. Ora. Se tu hai a che fare con una grande potenza paranoica, devi sapere che se ti avvicini ai suoi confini potrà avere una reazione». «Riguardo la richiesta di Finlandia e Svezia di entrare nella Nato, va detto che l’Ucraina intratteneva rapporti con la Nato da parecchi anni, gli istruttori Nato istruivano l’esercito ucraino che è a tutti gli effetti un esercito della Nato. Putin ha invaso l’Ucraina per questo e perché c’era probabilità che l’Ucraina entrasse nella Nato. Se fossi un cittadino della Svezia o della Finlandia non direi che per essere più sicuri si dovrebbe entrare nella Nato, a meno che non ci sia la convinzione che la Russia sia pronta a lanciarsi in azioni di conquista. Ma non mi sembra uno scenario plausibile, quindi secondo me non è una scelta sensata».vasioni mongole. Certo, la Russia è sempre stata spietata e imperialista ma nel suo dna non ha mai avuto la voglia di espandersi a occidente “fino al Portogallo”, come qualcuno ha detto.
L’Occidente, diciamo nel suo candore, aveva promesso a Gorbaciov di non allargarsi ad est e invece ha progressivamente fatto entrare nella Nato tutti i paesi dell’Europa orientale, ci sono le basi della Nato ai confini con la Russia.
Ora. Se tu hai a che fare con una grande potenza paranoica, devi sapere che se ti avvicini ai suoi confini potrà avere una reazione».
«Riguardo la richiesta di Finlandia e Svezia di entrare nella Nato, va detto che l’Ucraina intratteneva rapporti con la Nato da parecchi anni, gli istruttori Nato istruivano l’esercito ucraino che è a tutti gli effetti un esercito della Nato.
Putin ha invaso l’Ucraina per questo e perché c’era probabilità che l’Ucraina entrasse nella Nato. Se fossi un cittadino della Svezia o della Finlandia non direi che per essere più sicuri si dovrebbe entrare nella Nato, a meno che non ci sia la convinzione che la Russia sia pronta a lanciarsi in azioni di conquista.
Ma non mi sembra uno scenario plausibile, quindi secondo me non è una scelta sensata».