402.964, 1.018.669… No non sto dando i numeri, almeno non ancora, e neppure sto aggiornando all’inflazione il testo del duetto “Cinque … dieci … venti … trenta” dalle Nozze di Figaro, quello che precede di poco la famosissima cavatina “Se vuol ballare signor contino”.
I numeri che ho snocciolato sono i voti che hanno raccolto alle elezioni della Camera del 25 settembre rispettivamente Unione Popolare e l’Alleanza Verdi e Sinistra.
Ci sono poi i 24.555 voti raccolti dal PCI (quello senza puntini nella sigla, detto senza ironia) che si presentava da solo in pochi collegi e in quei pochi ha comunque raccolto un consenso paragonabile a quello di Unione Popolare.
Come ci dicevano sempre i responsabili degli Uffici elettorali del P.C.I. (quello che non esiste più dal 1991) “non fatevi ingannare dalle percentuali, guardate i voti assoluti perché avrete delle sorprese e quei voti sono persone, le percentuali no”.
Se noi andiamo a guardare i voti assoluti, ad esempio, vediamo che l’avanzata della destra (chiamarla centro destra è ridicolo) in realtà non c’è stata (tra il 2018 e il 2022 la destra, quasi a parità di formazione, ha guadagnato 147.000 voti circa, non proprio una avanzata travolgente). Lo strapotere meloniano è maturato a spese delle altre formazioni della destra, Lega in primo luogo, e la super rappresentazione in Parlamento è dovuta esclusivamente ad una Legge elettorale che definire stupidamente criminale è fare un complimento ai firmatari ed a chi l’ha votata. Ma questa è un’altra storia.
Quello che conta è che ci sono non meno di 1.500.000 italiani che ritengono temi come la pace, l’ambiente, la giustizia sociale, che sono quelli che interessano anche la nostra associazione, di primaria importanza. In realtà sarebbero, forse, ancor più se sommassimo i voti di Italia Sovrana e Popolare, ma in quella formazione in cui si è presentato il Partito Comunista guidato da Rizzo militano no vax e istanze antiscientifiche con cui avrei molte difficoltà a confrontarmi, anzi per quanto mi riguarda rifiuto proprio il confronto, tralasciando il fatto che solo i fascisti brindano alla morte di un compagno (e voi sapete a chi e cosa mi riferisco). Per scelta personale, solo mia per carità, non ne tengo conto perché la collaborazione mi appare impossibile.
Ci sono poi, sicuramente, molte persone di sinistra, ecosocialiste, antiliberiste che hanno votato il movimento 5 stelle, come “voto utile” e qualche residuo compagno è stato irretito dalle sirene dell’antifascismo dell’ultima ora sventolato da Letta ed ha votato PD, molti si sono astenuti.
Ora, pure nella necessaria chiarezza di rapporti, occorre dire che non si può escludere, a priori, nessuno dal percorso di ricostruzione della sinistra perché “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno” (come disse Berlinguer).
I motivi per cui non si può buttare il bimbo con l’acqua sporca, quindi rifiutare a priori ogni tentativo di confronto con i compagni che si sono riconosciuti nella proposta di Sinistra Italiana o nel nuovo “partito di Conte” sono diversi (sempre a mio avviso).
Tralascio quello “sentimentale” sui rapporti che ciascuno di noi può avere e ha con compagni che militano nelle diverse formazioni, quello che conta è una motivazione più fredda e, sostanzialmente, analitica: i numeri.
La soglia, con l’attuale legge elettorale, per portare deputati in parlamento è del 3% dei voti validamente espressi.
Nelle elezioni di domenica scorsa questo significava raggiungere 842.596 voti.
Ad Unione Popolare sono mancati 439.619 voti, in sostanza ci siamo fermati (uso il plurale avendo votato per UP) a meno della metà dei voti necessari a superare la soglia. Anche volendo sommare i voti degli altri partiti della sinistra “radicale” (una volta o l’altra dovremo anche parlare di questa definizione che mi sembra, anche questa, ridicola, visti i programmi che non prevedono né il rovesciamento violento del capitalismo né l’instaurazione della repubblica dei soviet) compresi i centomila che votarono per Rizzo alle elezioni del 2018 (operazione che aborro, ma tant’è) saremmo comunque molto lontani dalla soglia del 3%.
Se anche, fatto improbabile, la legge elettorale venisse cambiata in senso proporzionale tutti i progetti sin qui presentati prevedono una soglia di sbarramento almeno al 5%, con ciò per entrare in Parlamento occorrerebbero (usiamo i dati di oggi) oltre 1.400.000 voti, a stento ci si riuscirebbe (in invarianza di condizioni) se sommassimo i voti di Si-Verdi con Unione Popolare e noi sappiamo che, alle elezioni, uno più uno spesso dà 1,8 e non 2 e ancor meno 4 o 5.
Neanche creare una coalizione tra le forze politiche della sinistra risulterebbe facile né fruttuoso perché non solo avremmo comunque uno sbarramento per ciascuna lista (+Europa insegna) ma si aggiungerebbe uno sbarramento di coalizione pari al 10% che, con i numeri oggi registrati, è per ora inavvicinabile.
Del resto, in qualche sondaggio (non chiedetemi la fonte, ne sono girati talmente tanti) si stima che la possibile area della sinistra “radicale” (aridaje) nel paese sia pari, al massimo, al 6% dell’elettorato. Il sondaggio, ovviamente, non mi fa alcun effetto, altrimenti non starei a scriverne perché mi sarei già dato ad attività ludiche più piacevoli, il Cheese Rolling, il Curling o le passeggiate in mezzo ai leoni. Se dovessi pensare di poter aspirare al massimo ad un diritto di tribuna, data l’età, ne farei tranquillamente a meno.
Alcuni compagni possono obiettare che la rappresentanza nelle istituzioni non è importante e che la sinistra (quella vera) vive nelle lotte.
Questo è vero in astratto ed è altrettanto vero che i bolscevichi hanno fatto la rivoluzione in poche migliaia di militanti molto motivati. Ma, premesso che di Lenin non ne vedo, la situazione era un tantino differente.
Il fatto è che la mobilitazione in questi giorni è sporadica, sempre più difficile e localizzata o legata a specifiche tematiche. È difficile, ad esempio, trasformare la mobilitazione dei giovani dei Fridays for future in una mobilitazione strutturata e permanente. Altrettanto difficile si è dimostrato trasformare mobilitazioni locali in più ampie mobilitazioni nazionali, ne sanno qualcosa le compagne e i compagni del collettivo GKN che dopo la fiammata delle scorse stagioni, sono scomparsi dai radar dell’informazione.
Abbiamo visto cosa ha significato, in positivo, per la visibilità del progetto Unione Popolare la presenza della componente Manifesta in Parlamento, così come l’ubiquità di De Magistris che ci ha ricordato essere uomo delle istituzioni (anche se un piccolo fastidio lo provo nel suo uso della prima persona al singolare invece che al plurale, ma sono i rischi della legge elettorale e della mancanza di un intellettuale collettivo).
Molto banalmente, entrare nelle istituzioni, significa accedere ai fondi dei rimborsi elettorali che spettano se si supera la soglia del 2% dei voti, significa accedere alle strutture del parlamento (centro studi, ecc.), significa poter svolgere un qualche controllo in più sull’azione di governo, spesso avere accesso a fonti di informazione.
Significa, da un punto di vista politico, una maggiore visibilità sui media.
Che fare, quindi?
Se avessi una risposta semplice sarei un genio e quindi non ce l’ho.
Credo che la strada tracciata nelle prime dichiarazioni di alcuni esponenti di Unione Popolare, di continuare nella costruzione del progetto, sia l’unica possibile. Però credo anche, profondamente, che questa opera debba essere allargata (insistendo e mettendo da parte antipatie politiche pregresse) ai compagni di Sinistra Italiana, ai Verdi, ai compagni del PCI (senza puntini). Credo anche, forse ancor più profondamente, che questo progetto debba confrontarsi con la parte migliore della chiesa cattolica ispirata alle parole e all’azione del Papa. Se avete letto la Laudato Si, se avete seguito le parole del Papa sulla pace, o letto il comunicato emesso al termine dei lavori di “The Economy of Francesco”, avrete notato che sono moltissimi i punti di contatto tra questo cattolicesimo e la nostra visione del mondo. Certo, da inveterato anticlericale, non posso tacere né dimentico le differenze tra parole del Papa e pratica della gerarchia né voglio obliare le differenze fondamentali sui diritti della comunità LGBT+, sul fine vita, sul diritto delle donne sul proprio corpo.
Concordo però con quanto ha scritto, nei giorni passati, su questo blog il compagno e amico fraterno Roberto Magara, di fronte al pericolo che corre l’umanità dobbiamo cercare la mobilitazione più ampia possibile, se questo porterà nuove persone dalla nostra parte e nuovi consensi sarà un effetto quanto mai gradito e benvenuto e, forse, ineluttabile.
Rilancio qui una proposta avanzata da un altro caro fraterno compagno, quella per cui Unione Popolare dovrebbe promuovere un tavolo con S.I., M5S, Verdi, PCI e altre forze politiche e sociali della sinistra per preparare per la fine di ottobre una grande manifestazione nazionale contro la guerra e il caro bollette. Sono sicuro che a questa mobilitazione la parte migliore dei cattolici non dirà di no e, forse, questa iniziativa darà nuove motivazioni a quelli di noi che il 25 settembre non hanno trovato una offerta politica o che sono rimasti invischiati nel voto utile.
Allora noi, come il proletario Figaro, canteremo ai nuovi conti di Almaviva, alla destra, a tutti gli atlantisti, ai guerrafondai, ai coriferi del liberismo, a chi guadagna dalla guerra: “ se vuol venire nella mia scuola, la capriola le insegnerò”.
Facciamo fare loro tante capriole fuori dai palazzi.