Sulla vicenda della moglie e la suocera dell’On. Aboubakar Soumahoro, vorrei fare alcune mie personali considerazioni, aldilà delle vicende giudiziarie, che ancora devono essere accertate dalla magistratura e delle accuse troppo affrettate del solito coacervo indigesto politico-giornalistico.
Non sono solito, come attivista della sinistra, a crearmi degli idoli personali, ma ad appoggiare quelle che ritengo siano delle battaglie giuste e a lottare perché vincano.
A me non piace un certo modo di fare o non fare politica di alcuni ambienti della sinistra. Chi vuole cambiare veramente questo Paese, si deve fare carico, personalmente e collettivamente, di queste battaglie di civiltà.
Molto spesso si sceglie un fiore all’occhiello sui vari temi, che siano di giustizia sociale o di difesa dei diritti.
Anche in questo caso la denuncia delle condizioni di schiavitù nelle nostre campagne dei lavoratori migranti è stata in pratica delegata ad alcuni compagni. Penso non solo ad Aboubakar, ma anche a Omizzolo nella pianura Pontina ed ad altri pochi coraggiosi sindacalisti che operano nel Sud, ma anche, per esempio, tra i lavoratori sfruttati negli allevamenti del nord.
Siamo alla flebile denuncia. Il nostro vezzo maggioritario ormai è confinato in un “mi piace” sulla pagina dell’uno o dell’altro, un “commento” sui social di apprezzamento, un apprezzamento per il servizio di Presa Diretta, Report o di Zoro in tv.
Una pacca sulla spalla e via e continua tutto come prima, anzi peggio!
Ma non si capisce che quelle battaglie devono essere condotte sporcandosi le mani con la lotta e la partecipazione fattiva di tutti?
Infatti, come si vede squadernato davanti ai nostri occhi, non cambia mai nulla e ogni anno nella quasi totalità dei campi e delle stalle, la brutalità di tale sfruttamento, continua impunita a farla da padrone.
Per esempio, nel maggio 2021, alla manifestazione dei braccianti migranti che si svolse sotto le finestre di Montecitorio, c’eravamo noi e altre poche associazioni a portare la solidarietà alla lotta per un salario ed una vita più umana per quei lavoratori.
Non si capisce che questa è una lotta che riguarda lo stesso futuro di questo paese? Non vi pare che le condizioni dei lavoratori, dei giovani precari, delle donne che lavorano, di chi vive di una pensione misera, stiano ormai da anni prendendo la china verso il basso di quelle realtà di schiavismo e non verso l’alto del riscatto di un salario e una vita dignitosi per tutti?
Non è questa una battaglia contro le mafie e contro le grandi catene di distribuzione (molto spesso la stessa cosa) che per i loro grandi profitti schiacciano i lavoratori sotto la pressa dello sfruttamento e determinano quei prezzi di mercato che gli altri lavoratori non sono più in grado di sostenere?
E ce la possono fare alcune persone singole, ad affrontare i grandi temi del superamento della società capitalista, dello sfruttamento dell’uomo sull’ uomo, dell’assurda e sola finalità di ridurre la nostra vita a merce per il profitto?
Perché è questo di cui si tratta e nessuna sinistra può rinascere se è complice di questo stato di cose, se non si pone questo orizzonte, soprattutto se coloro che ancora ci credono non si associano insieme in un partito o movimento che si faccia “parte” nella società, in difesa delle classi subalterne.
Ora Aboubakar rischia fortemente di essere schiacciato da chi punta la sua persona per attaccare le battaglie condotte fino ad oggi. Il solo modo di continuare le battaglie è farsene carico: noi tutti in prima persona.