Un bel vecchio libro del 2007 di Naomi Klein, ormai stranamente (?) introvabile in libreria.

In premessa l’autrice esprime la sua più totale distanza da tesi complottiste e cospiratrici, confermando la sua ben diversa identità nelle ultime pagine dove, esprimendo una visione forse troppo positiva, tende ad attribuire a movimenti, attivisti, organizzazioni non governative, associazioni no profit, l’ipotetico merito di contrastare l’attuale modello di sviluppo globale.

Naomi Klein non è un’accademica né un’economista. E’ una giornalista canadese da sempre impegnata su temi economici, sociali ed ambientali. I suoi libri sono frutto di una attenta ed appassionata analisi dei fenomeni globali, circostanziata ed ampiamente documentata.

Il libro in questione, un voluminoso tomo di circa cinquecento pagine, analizza i metodi utilizzati da Milton Friedman e dalla sua Scuola di Chicago per affermare e radicare, nel modo più spietato e cinico, quel fondamentalismo neoliberista che ha di fatto fagocitato ogni nostra speranza di futuro.

Un viaggio attento che attraversa il quadro della nostra generazione, dagli anni ‘60 ai giorni nostri. Con “capitalismo dei disastri”, sottotitolo del libro, la Klein intende focalizzare l’attenzione sulla capacità dei “Chicago Boys” di sfruttare le crisi rivenienti da catastrofi naturali, economiche e sociali, incidentali o indotte, per promuovere privatizzazioni, deregolamentazione dei prezzi e dei salari e conseguente disoccupazione.

La sua analisi pone l’attenzione sul colpo di stato in Cile del 1973 e l’assassinio dell’economista cileno Letelier nel 1976, la caduta del muro di Berlino, la catastrofe economica di alcuni paesi appartenenti all’area dell’ex Unione Sovietica e la transizione al capitalismo della Polonia, il passaggio alle multinazionali delle risorse e delle aziende statali asiatiche, l’inflazione in America Latina ed in particolare in Bolivia, le esportazioni di democrazia nel mondo arabo e la guerra in Iraq. Lo fa senza risparmiare neanche gli Stati Uniti dove, già da tempo, i servizi di intelligence e di difesa sono appaltati a gruppi di potere privati in perfetta adesione alle logiche neoliberiste che prevedono il mantenimento del controllo dello stato sulle sole attività residuali.

In questa sua lettura Naomi Klein parte dal presupposto che il sistema liberista, analogamente ad altri sistemi totalitari, abbia bisogno di sfruttare eventi disastrosi per fare tabula rasa della cultura e dei riferimenti dei popoli, ed affermare il suo modello di “sviluppo”, spostando l’attenzione delle masse dai problemi reali e generali a quelli della sopravvivenza. Guerre, terrorismo, colpi di stato e disastri naturali sono ovviamente utili a limitare coscienza e bisogni.

Naomi Klein arriva a paragonare questa ricerca dell’annullamento del preesistente da parte dell’economia capitalista agli esperimenti condotti negli anni ‘50 dalla Cia e da Ewen Cameron che, attraverso l’elettroshock, tentavano di scomporre i pazienti nel tentativo di “riprogrammarli”.

La lettura di questo libro è inquietante e rende sicuramente basiti ma lascia un quadro d’insieme su cui riflettere.

Ci accingiamo a partecipare all’assemblea del 24 aprile che ha come primo tema la pandemia e l’ipotesi di liberare i vaccini dai brevetti garantendone la gratuità globale. Il secondo tema riguarderà l’ambiente e le prospettive di salvaguardarlo dalla distruzione. E, premesso il quadro ragionevolmente apocalittico rappresentato da questo libro e gli spunti di discussione che questo può offrire, riuscire a conciliare gli argomenti dell’assemblea con questo modello di sviluppo, rappresenta purtroppo l’ossimoro per eccellenza.

Comunque, se vi capita leggetelo, se non lo trovate fatemelo sapere.

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