Via del Boccaccio è una traversa di via Rasella. Mentre la seconda strada è nota per quel che lì avvenne nel marzo del 1944, forse è meno noto che in un appartamento della prima strada viveva il partigiano più decorato d’Italia, comandante del GAP “Antonio Gramsci”, che operò nel centro di Roma durante l’occupazione nazifascista della capitale: Mario Fiorentini.
Ho avuto modo di conoscerlo e di frequentare la sua abitazione durante i miei anni di insegnamento in un Liceo romano quando organizzammo un 25 aprile a Centocelle grazie all’impegno deciso e convinto proprio delle alunne e degli alunni di quello stesso Liceo.
Andammo io e un gruppo di ragazze e di ragazzi. Mario ci accolse, insieme alla moglie, Lucia Ottobrini, e ci fece accomodare in un salotto totalmente occupato dai libri. Ci fece accomodare in un grande divano e lui si sedette in una poltrona davanti a noi.
Chiese ai ragazzi se io fossi un insegnante di matematica. Alla loro risposta negativa, con il suo fare bonario, chiese loro di venire accompagnati, le volte successive, da un insegnante di matematica. Era la matematica, che aveva insegnato non solo in Italia, il suo interesse principale. Quando vide un poco di delusione stamparsi sul mio viso (mi ero sentito quasi trascurato in quanto insegnante di storia e filosofia), aggiunse che aveva comunque piacere di rivedermi da lui in altre occasioni. E, debbo dire, la cosa si verificò diverse volte dopo quel primo incontro.
Nulla aveva di professorale. I suoi racconti, anche quelli legati alle sue evasioni dal carcere nazifascista, o quello relativo all’attentato davanti al carcere di Regina Coeli, con la fuga in bicicletta, non erano quelli relativi alle gesta di un supereroe: si trattava della vita di un uomo che aveva fatto una scelta precisa, che era diventato partigiano in conseguenza dell’oppressione nazifascista. Era difficile e complicatissimo interrompere un suo racconto, anche soltanto per porre un quesito; quando iniziava a parlare era un fiume in piena, inarrestabile. E poteva parlare per ore e ore, senza sosta, senza mostrare fatica alcuna. Sul volto di chi lo ascoltava non compariva mai un segno di stanchezza; l’eloquio era vivace, spesso inframmezzato dal suo caratteristico: “Hai capito?”.
Quando Lucia lo richiamava facendogli presente che si era fatto tardi e noi dovevamo andare via, si alzava e ci accompagnava alla porta di casa. Ebbene, il tragitto di pochi metri fra il salotto e l’uscio veniva coperto almeno in un’ora perché Mario continuava a parlare e a proporre iniziative, rivolte soprattutto ai giovani. Lo invitammo, come già scritto, ad un 25 aprile organizzato da un Liceo romano. Venne, salì sul palco e la prima cosa che disse fu: “Volete che io parli della Resistenza, ma sono un matematico!”. E cominciò a parlare della Resistenza…
Diverse volte sono tornato da lui per conto mio. Mi piaceva ascoltarlo e mi piaceva imparare dai suoi racconti. Mario è stata una di quelle persone che più di altre mi ha fatto intendere cosa volesse dire Socrate con il suo “so di non sapere”. Tutte le cataste di libri che avevo letto sulla Resistenza non reggevano minimamente il confronto con le sue storie, storie raccontate da un protagonista di quelle vicende. Al termine di uno dei nostri incontri, mi regalò un contenitore con la riproduzione di tutte le tessere del Psi dal 1905 al 1989. Lo custodisco gelosamente.
Lo avevo perso di vista negli ultimi tempi e la notizia della sua morte mi riempie di tristezza per la perdita di una persona cara cui fare riferimento. Ma quel suo “Hai capito?” risuonerà sempre nella mia testa come un richiamo continuo alla realtà delle cose, alla necessità di comprenderla e, se non fosse possibile trasformarla, almeno renderla più vivibile proprio per quei subalterni a cui Mario faceva sempre riferimento.
Che la terra ti sia lieve, caro Mario!
Il feretro di Mario Fiorentini sarà esposto per l’omaggio della Città domani 10 agosto in Campidoglio dalle 10 del mattino
La pagina dell’ANPI dedicata al 103° compleanno di Mario Fiorentini
Crediti
Foto Mario Fiorentini con la compagna Lucia Ottobrini tratta dal sito dell’ANPI Provinciale