La compagna Flavia Forato, sul mio ultimo articolo “Superare la Nato per un mondo multilaterale” pubblicato sul blog, mi ha fatto una considerazione non peregrina. Purtroppo ero in partenza per le vacanze e non ho potuto fare le mie considerazioni in proposito. Le faccio ora che sono tornato.
Flavia mi poneva la seguente esigenza: “mi sembra opportuno precisare che il mondo multipolare lo è solo su un piano economico, con potenze a matrice capitalista che si scontrano per il dominio, mentre non sussiste più alcun multipolarismo politico. Mi sembra importante in quanto la polemica degli scontri sui media tende a sollevare polveroni sulla base di differenze politiche ormai chiaramente inesistenti, fuorviando lo sguardo dalla realtà”.
Questo rilievo mi ha indotto ad alcune ulteriori riflessioni.
È vero che il mondo è stato unificato dalla rivoluzione neoliberista che ha dato vita a un ulteriore sviluppo del capitalismo caratterizzato dall’uso delle nuove tecnologie digitali e con accentuate caratteristiche di finanziarizzazione. Tuttavia, questa rivoluzione, mentre se ne fa un’astrazione concettuale per comodità del pensiero, ha avuto concretamente ed effettualmente impatti diversi nella realtà dei singoli stati secondo la loro specifica storia nazionale. Un conto è il capitalismo americano, un conto quello russo, un altro conto è quello cinese dominato dallo Stato e un altro ancora quello europeo e dei suoi singoli stati. E qui interviene, sia detto tra parentesi, un punto di vista e di analisi marxista nostro, gramsciano, che assegna alla storia, intesa come processo inscindibile e reciproca influenza fra struttura economica e sovrastruttura culturale e ideale, un valore genetico niente affatto secondario, anzi primario. La distinzione fra struttura e sovrastruttura, avvertiva Gramsci, è meramente didascalica. In sostanza la realizzazione del capitalismo, come di ogni altro modo di produzione precedente è stato filtrato, per così dire, dalla storia delle comunità che ne sono state oggetto non passivamente, segnate dalle loro divisioni in classi. In Europa l’avvento del capitalismo ha generato anche la formazione degli stati nazionali e le drammatiche vicende dell’umanità nell’era moderna.
Di qui, per tornare alla concretezza dei processi politici e storici in corso, va rilevato che pur all’interno, grosso modo, di un unico modo di produzione capitalistico, le tendenze delle singole potenze più rilevanti tutte più o meno “a matrice capitalista che si scontrano per il dominio”, come osserva giustamente Flavia, sono ancora dominanti e varie e per ora tendenti allo scontro che non è solo economico, magari in ricordo o per rinverdire la loro propensione imperialistica o più semplicemente nazionalista. La lotta in corso per l’egemonia mondiale è un dato di fatto. Per gli americani che vogliono conservare la loro supremazia, per i cinesi che vogliono quanto meno riequilibrarla forti della loro economia, per la Russia che agogna ad essere di nuovo riconosciuta come una superpotenza grazie al suo arsenale missilistico e nucleare. E poi c’è il ruolo delle potenze minori a livello regionale (Iran, Arabia saudita, Israele, Turchia, India, Brasile, Sudafrica ecc.). Tutte diverse tra loro per sviluppo economico e civile, culturale e sociale, e anche religiosa – per ciò che riguarda i paesi islamici – segnata dal confronto cruento tra la confessione sunnita e sciita. L’Europa in questo scenario, dove il socialismo è nato, è la grande assente: grande potenza economica ma nano politico come la guerra in Ucraina sta evidenziando.
Gli effetti globali di un certo sviluppo del capitalismo neoliberista come le pandemie, i cambiamenti climatici e le distruzioni ambientali suggerirebbero la cooperazione per affermare un intervento solidaristico che guardi al futuro dei nostri figli, nipoti e pronipoti. Ma questa tendenza per ora è soccombente di fronte allo scatenarsi di quell’altra, nazionalista e neoimperialista.
In conclusione di questo mio breve intervento, io penso che il mondo sia concretamente è selvaggiamente multipolare, economicamente e politicamente; sempre, ovviamente, all’interno di un unico modo di produzione che ha occupato il mondo con la globalizzazione neoliberista. Riconoscere questa realtà sarebbe già un passo avanti. Preliminare al far prevalere la necessità di un mondo multilaterale segnato dalla cooperazione solidaristica e non da quella volta al dominio, agli scontri militari e alle guerre.
In questo senso la lotta per la pace dovrebbe tornare ad essere un aspetto primario delle forze di ispirazione socialista, progressiste e di sinistra a livello europeo e mondiale.