MANUALI UTILIZZATI
P. Silva, Corso di storia ad uso dei licei ed istituti magistrali, Messina, 1940
N. Rodolico, Sommario storico per licei ed istituti magistrali, Firenze, 1937
N. Rodolico, Sommario storico per licei ed istituti magistrali in letture di documenti contemporanei, Firenze, 1959
A. Manaresi, La civiltà contemporanea, Torino, senza data
B. Lizier, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Milano, 1940
L. Simeoni, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Bologna, 1940
A. Bazzola, Roma, Torino, senza data
F. Cognasso, Storia d’Italia per licei ed istituti magistrali, storia contemporanea, Torino, 1935
N. Cortese, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Firenze, 1942
A. Valori – U. Toschi, L’età contemporanea, Torino, 1927
7. LE ELEZIONI DEL 15 MAGGIO DEL 1921
A p. 395 Silva ricorda le elezioni che consentirono ai fascisti di avere una rappresentanza nel Parlamento.
Nella primavera del 1921 il movimento fascista faceva la sua vittoriosa affermazione anche nel campo elettorale, partecipando con candidati proprii alle elezioni politiche, che vennero indette dall’on. Giolitti; e riuscendo a mandare alla Camera un forte e battagliero gruppo di deputati fascisti, con a capo naturalmente Benito Mussolini, eletto con votazioni plebiscitarie a Milano e a Ferrara.
I fascisti parteciparono alle elezioni nei blocchi nazionali insieme ai candidati liberali. La campagna elettorale, ricordata dagli storici come la più insanguinata della storia d’Italia, si svolse dall’8 aprile al 14 maggio e fu contrassegnata dalle ripetute violenze fasciste che provocarono 105 morti e 432 feriti (gli squadristi misero sul piatto della bilancia tutto il loro repertorio, dall’olio di ricino ai colpi di rivoltella e alle manganellate). A tal proposito scrive Emilio Gentile nella sua Storia del fascismo: “Anche se i fascisti furono talvolta vittime di agguati e di provocazioni, furono essi i principali responsabili della maggior parte degli episodi di violenza. Gli squadristi intensificarono l’azione terroristica per proseguire l’opera di demolizione delle organizzazioni proletarie”. «Il Fascio» riportava senza remore le cronache delle imprese squadriste, per “insegnare agli indegni avversari come si lotta e come si more e, soprattutto, per ricordare ai fascisti d’Italia che oggi una tregua d’armi, quando non fosse un’enorme sciocchezza, sarebbe una grave colpa” (19 marzo 1921). Il blocco nazionale ottenne 275 seggi, i socialisti 123, i popolari 108, i comunisti 15 e i nazionalisti 10. I fascisti, presenti in 75 circoscrizioni, ottennero 35 seggi. Mussolini ottenne un buon successo personale, certamente non plebiscitario, con 172.000 preferenze a Bologna (non a Ferrara) e 125.000 a Milano.
8. LO SCIOPERO LEGALITARIO
A p. 397 il Silva fa riferimento allo sciopero legalitario che si svolse il 1° agosto del 1922, organizzato dall’Alleanza del lavoro alla quale aderirono l’Unione sindacale italiana, la Uil, il Sindacato ferrovieri italiani, la Federazione nazionale lavoratori dei porti della Cgl, i socialisti, i comunisti, i repubblicani e gli anarchici per rispondere allo squadrismo fascista e risolvere i problemi delle libertà politiche e sindacali attraverso la difesa della giornata lavorativa di otto ore. Nel proclamare lo sciopero a nome dell’Alleanza del lavoro, Turati sostenne che doveva essere “legalitario” nel senso che “i lavoratori devono assolutamente astenersi dal commettere atti di violenza che tornerebbero a scapito della solennità della manifestazione e si presterebbero alla sicura speculazione degli avversari; salvi i casi di legittima difesa delle persone e delle istituzioni, contro le quali, malauguratamente, la violenza avversaria dovesse scatenare i suoi furori…”.
Il movimento culminante e decisivo di tale lotta si ebbe nel luglio 1922, quando le masse sovversive, disorientate dall’audacia vittoriosa degli avversari, tentarono la riscossa organizzando alla fine del luglio 1922 un grande sciopero generale, come protesta contro il Fascismo. Quel movimento insano diede al Fascismo i mezzi per giungere alla vittoria. Infatti, mentre il Governo era assente o impotente nella situazione di disordine creata dallo sciopero, intervennero energicamente ed attivamente i fascisti, a lottare contro l’azione sovversiva; a riorganizzare e a far funzionare i pubblici servizi; a dimostrare insomma, che il nuovo Partito aveva tutta la forza e la capacità per prendere in mano la direzione della vita del Paese, sostituendo i vecchi partiti di Governo logori e superati.
Apparvero allora formate nella situazione italiana le condizioni necessarie, fatali, per uno scoppio rivoluzionario: e cioè l’estremo stadio di debolezza e di corrosione della vecchia impalcatura statale e politica, e lo sviluppo vigoroso e la maturità di nuove forze capaci e pronte a prendere il potere.
Lo sciopero era scarsamente organizzato e privo di guida, durò 24 ore, si rivelò un fallimento e permise ai fascisti di esercitare violenze di ogni tipo sugli scioperanti. D’altronde, sul quotidiano mussoliniano «Il Popolo d’Italia» lo stesso primo agosto, i fascisti annunciavano un uso spregiudicato e a 360° gradi della violenza sostenendo che si sarebbero sostituiti allo Stato se questi si fosse mostrato impotente: “I partiti antinazionali che ibridamente si raccolgono nell’Alleanza del lavoro hanno lanciato un guanto di sfida al fascismo e alla nazione (…) Diamo 48 ore di tempo allo Stato perché dia prova della sua autorità (…) Trascorso questo termine, il fascismo rivendicherà piena libertà di azione e si sostituirà allo Stato che avrà ancora una volta dimostrata la sua impotenza” (Manifesto per la mobilitazione generale fascista contro lo sciopero antinazionale). Il 2 agosto 1922, nel suo Diario, Italo Balbo scrive: “Queste ore di sciopero generale sono propizie per gli esperimenti. I servizi pubblici funzionano oggi dovunque per virtù dei fascisti che si sono sostituiti ai ferrovieri, ai tramvieri, ecc. In ogni caso l’Alleanza del Lavoro riuscirà sconfitta. Ma non sarà merito della autorità statale. Le zone neutre della popolazione si abituano al governo fascista. Dobbiamo commettere delle illegalità, in forma quasi sistematica, per fare rispettare la legalità. Paradosso”. Scrisse Gramsci nel 1924: “Nel 1921 l’Avanti! e il Psi erano contrari all’azione generale proposta dai comunisti e la sabotarono in ogni modo fino alla catastrofe dello sciopero legalitario dell’agosto del 1922, che ebbe solo il risultato di spingere gli industriali e la Corona verso il fascismo e di far decidere l’on. Mussolini al colpo di Stato” (Le elezioni, in «L’Ordine nuovo», marzo 1924). Ciò che Silva non dice a proposito “dell’audacia vittoriosa” dei fascisti è che a Parma, il 4 agosto, le camicie nere di Balbo furono sonoramente sconfitte dagli Arditi del popolo al comando di Guido Picelli.
9. LA MARCIA SU ROMA
A p. 398 il Silva sintetizza gli avvenimenti che determinarono la presa del potere da parte del fascismo.
Sotto la suprema direzione del Quadrunvirato, che aveva posto il suo quartier generale a Perugia, agirono le Camicie Nere, mobilitate e organizzate in tre colonne, suddivise, secondo la tradizione romana, in manipoli, coorti, legioni. La marcia mosse il 28 ottobre; ed ebbe come immediato risultato la caduta del Ministero Facta che tentò invano di indurre il Re a dare il consenso alla proclamazione dello stato di assedio per tentare la resistenza. Le funzioni di Facta furono assunte da Benito Mussolini, subito chiamato a Roma dal Re. Al posto di un fantoccio, sorgeva un Capo. Era crollato un Ministero; si costituiva un Governo.
Alcune precisazioni dovrebbero essere sufficienti per spiegare cosa il testo scolastico preso in considerazione occulti. Alle cinque del mattino del 28 ottobre viene deliberato lo stato di assedio; alle 11,30 l’Agenzia governativa Stefani annuncia che lo stato di assedio non ha corso. In sostanza, il Re non aveva firmato lo stato di assedio operando un autentico colpo di Stato finalizzato a consegnare nelle mani di Mussolini il governo del Paese. Quindi lungi dall’essere stata la marcia vittoriosa delle legioni fasciste sulla capitale, la presa del potere fu un autentico golpe della corona identico a quello che spinse il Parlamento a deliberare l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915. In un articolo del 1922 intitolato La tirannide Piero Gobetti, che morirà in Francia nel 1925 a seguito delle percosse dei fascisti, scrisse: “La “rivoluzione” fascista non è una rivoluzione, ma il colpo di Stato compiuto da un’oligarchia mediante l’umiliazione di ogni serietà e coscienza politica – con allegria studentesca”. Sulla marcia su Roma il nostro blog ha pubblicato il 28 ottobre del 2022, in occasione del centesimo anniversario, un articolo intitolato 1922: colpo di Stato della borghesia.
La prima parte di questo studio è stata pubblicata su questo blog il 29 novembre 2024
Immagine in evidenza tratta da Wikimedia commons, “Scritta propaganda del Ventennio fascista”, Moltaldeo, Piemonte, Italia, Date 1 August 2010, Source Own work Author Davide Papalini, licensed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported license, ritagliata per ragioni tecniche
Il prossimo contributo uscirà dopo la pausa delle feste di fine d’anno il 10 gennaio 2025