Articolo 49
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Questo articolo della Costituzione Italiana, come anche altri, è diventato lettera morta nella vita democratica del nostro Paese. Soprattutto quel “metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Si fa sempre più strada nel dibattito nazionale quella tesi per cui i partiti, le organizzazioni politiche, siano ormai inutili e dannosi per affrontare le scelte economiche e sociali. A cominciare dalla “semplificazione” del sistema elettorale (vedi prima parte di questo intervento), per proseguire con la “casta” e i “vaffanculo”, con le picconate alla Costituzione di stampo accentratore, al “pilota automatico” di Draghi Presidente della Bce, ai salviniani “pieni poteri”, per giungere al finale del “governo dei migliori”. Questo vero e proprio fumo negli occhi è servito ad accentrare sempre più in poche mani le leve del potere nazionale. E non a caso. Noi vediamo e misuriamo i risultati di tali politiche con le condizioni materiali delle classi subalterne. Tutti i valori e gli indici economici e sociali sono in declino ormai da decenni, determinando una disparità di ricchezza sempre più marcata, con le conseguenti diseguaglianze che ne derivano. Noi sentiamo la necessità di un conflitto tra interessi incompatibili tra loro: quelli di chi è alla ricerca del massimo profitto e quelli che ne pagano le conseguenze in termini economico-ambientali e di diritti sociali. Per questo alla domanda se servano o meno i partiti, si può tranquillamente rispondere affermativamente. Ma sono questi partiti che non rispondono più alle domande e alle esigenze di radicale e reale cambiamento, per questo si dovranno necessariamente scegliere dei percorsi nuovi.
Per cominciare in questa mia riflessione, umile, personale e aperta al contributo di tutti, vorrei sottolineare il fatto che oggi nessun partito è esente da vizi e pratiche deleterie nella partecipazione alla propria vita democratica. Meccanismi e regole accentratrici, leaderismo esasperato, carrierismo inusitato, lobbysmo guidato, mancanza di regole certe nell’elezione dei quadri dirigenti e dei rappresentanti nelle istituzioni, sono oggi la pratica comune di tutti, determinando un vero e proprio blocco del sistema politico e della vita democratica.
Ormai non è più rinviabile una grande riforma della politica che rimetta al centro, magari regolando anche per legge alcuni elementi irrinunciabili di funzionamento, la reale partecipazione organizzata dei cittadini alla cosa pubblica. Il compito di un nuovo partito di massa di sinistra, nella storia attuale, non sarà solamente quello di produrre se stesso, ma anche quello di favorire l’intero processo di rinnovamento della politica italiana.
Per questo dovrà essere strutturato e organizzato ad assumere nella sua vita interna le caratteristiche fondamentali e necessarie, per essere esso stesso il motore del cambiamento, per essere esempio per tutti della possibilità di tornare alla partecipazione democratica.
In primo luogo per noi risulta fondamentale riportare sulla scena democratica il conflitto tra interessi diversi e creare una forza che sia “di parte”, che rappresenti i valori e i bisogni delle classi subalterne.
Gli interessi diversi non si presentano più con gli scenari del passato, il conflitto non avviene più solamente tra ricchi e poveri, ma investe la stessa esistenza del pianeta, i cambiamenti tecnologici nella vita e nel lavoro, la cura delle persone e dell’ambiente, le differenze di genere, i nuovi diritti dei lavoratori e delle persone. Quindi un lavoro territoriale che ricerchi il contatto con quel “popolo di sinistra” stanco e disorientato, magari in mezzo a quei quasi 20 milioni di elettori che non votano, e che organizzi l’ascolto di quella massa di persone differente per età, per lavoro e non lavoro, per cultura ed esperienze reali di vita. Servono dei luoghi fisici di confronto, di ascolto, di connessione intellettuale per costruire una nuova cultura politica della sinistra, riaccendendo i valori della gloriosa storia del movimento operaio italiano, del suo patrimonio politico e culturale, per collegare quelle esperienze alle attuali esigenze del mondo in cui viviamo.
Non si capisce, in un paese con la nostra storia, come possa mancare un dibattito politico e culturale sul socialismo. Tanto per fare un esempio, Bernie Sanders (79 anni) e Alexandria Ocasio-Cortez (31 anni) nella loro proficua battaglia, condotta fianco a fianco con notevole differenza generazionale nel Partito Democratico americano, parlano esplicitamente, raccogliendo numerosissime adesioni tra i giovani, della transizione dalla crisi irreversibile del capitalismo alla costruzione di un socialismo di nuova generazione, sforzandosi di creare le basi di un modello economico-sociale alternativo. È proprio su questo che bisogna fare una vera e propria “chiamata alle armi”. Creare con l’immaginazione, a partire da quelle che sono le esperienze più feconde, una nuova visione e un altro modello di società che crei l’alternativa a questo vecchio e sorpassato sistema che non garantisce più neanche la stessa possibilità di esistenza dell’essere umano nel pianeta. Per questo noi siamo per la creazione di un grande partito di massa di forte ispirazione socialista, con le radici forti delle migliori tradizioni del movimento operaio italiano, fautore di una grande ricerca, analisi e progettualità al servizio delle classi subalterne e dell’ecologia.
Tutte le proposte che si ammantano di “campi progressisti”, di “cambiamento”, di “economia sostenibile”, “rifare la sinistra”, “sinistra democratica” ecc. rimangono da anni dei puri e semplici slogan. Senza l’attualizzazione di valori, idee, progetti e programmi, ma soprattutto senza una critica e una proposta concreta di superamento del capitalismo e la conseguente offerta di una società diversa, le parole e i fatti gireranno sempre a vuoto, senza andare al punto essenziale del problema.
Gettando lo sguardo sulle nostre esperienze europee, il fallimento totale dei partiti storici del socialismo e della socialdemocrazia è sotto gli occhi di tutti. Le loro politiche sostanzialmente contigue a quelle delle destre, con differenze sempre più inesistenti, l’accettazione supina dei diktat liberisti e delle politiche di austerità, né hanno determinato in molti casi la scomparsa.
Purtuttavia dobbiamo osservare alcuni interessanti tentativi a sinistra che, nonostante vari limiti ed errori, rappresentano delle realtà ormai consolidate nei loro rispettivi territori.
Laddove la sinistra ha creato a partire dalle lotte sociali, dall’ascolto delle nuove generazioni, dalla ripresa dell’unità di intenti, i risultati sono stati più che soddisfacenti. A partire dalla fascinazione mediatica organizzata da Podemos in Spagna, al mutualismo diffuso e unitario di Siryza in Grecia, alla creazione di strutture giovanili come Momentum in Inghilterra, tutte le suddette esperienze si sono formate nel concreto dei bisogni delle classi subalterne del loro paese. Nonostante alcune sconfitte temporanee, sono ben oltre i miseri risultati che ogni forza di sinistra in Italia ha ottenuto negli ultimi anni. Il rimanere arroccati su posizioni incomprensibili ai più e non ascoltare ed elaborare le richieste e le esperienze che vengono dalla società determinano un blocco nefasto ormai da anni, arrivando a lasciare praticamente senza rappresentanza una grande fetta della popolazione.
Noi che abbiamo deciso di unirci per affrontare questo immane tentativo, abbiamo incontrato nel nostro percorso, nonostante le enormi difficoltà in tempi di pandemia, numerose associazioni, movimenti, gruppi e singole persone che mettono le proprie intelligenze e il proprio tempo al servizio del cambiamento politico, sociale e culturale. Nei loro tentativi, nel loro organizzarsi, credo si possano trovare molti spunti e motivi di riflessione da cui trarre linfa vitale per la nascita di un nuovo partito di massa di sinistra. Non è più possibile continuare a soffermarci su dibattiti sterili, su patenti dell’ortodossia, su slogan ideologici, incomprensibili e fini a se stessi, ecc. ecc. La sinistra ha subìto una sconfitta storica e sonora e tutti coloro che perseverano nel riproporre i meccanismi precedenti la accompagneranno alla sua definitiva morte. Tutti i tentativi perpetrati da una miriade di organizzazioni negli ultimi anni non hanno raggiunto nessuno scopo: né identitario, né rappresentativo, né di elaborazione e di analisi serie. La patente di sinistra non esiste e nessuno è in grado di esprimere certezze in questo vuoto abissale che è divenuto il nostro ‘ambito politico. La sinistra va ricostruita e gli innumerevoli e a volte lodevoli tentativi sono tutti realisticamente falliti. Per questo necessita e non è più rinviabile porre le basi per creare nuove forme di partecipazione organizzata che si apra all’ascolto e all’immaginazione, ricreando le basi per un reale e profondo cambiamento economico-sociale-ambientale del Paese. 2 (continua)